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Gérard Depardieu: sono uno Stalin perfido e tenebroso

L’artista è il protagonista del film “Le Divan de Staline”, diretto dall’amica Fanny Ardant. Una bella prova di interprete, e un nuovo gesto d’amore per la sua nuova patria, la Russia, di cui è diventato cittadino nel 2013.

Si è ritagliato un posto nell’Olimpo del cinema internazionale grazie alla sua bravura come interprete. E ora Gérard Depardieu, si appresta a tornare nelle sale in vesti inattese. L’attore francese dal fisico possente e dall’aspetto insolente, infatti, capace di cantare con dolcezza, come nell’album da lui pubblicato due mesi fa, Depardieu chante Barbara, omaggio alla Dame en Noir, e allo stesso tempo capace di urinare in pubblico su un aereo perché gli era stato negato l’accesso alla toilette dal personale di bordo, interpreterà il dittatore sovietico Stalin nel film Le Divan de Staline. Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Jean-Daniel Baltassat, il film è un’incursione audace nei labirinti psicologici del leader comunista nell’ultimo periodo della sua vita. Presentato in anteprima al Bari International Film Festival (da Gennaio nelle sale francesi), è firmato dalla 66enne Fanny Ardant, alla sua terza prova da regista e alla terza collaborazione con Depardieu, al quale lo lega un’amicizia lunghissima. I due attori, infatti, si conoscono da circa quarant’anni. Dopo essersi incontrati nel 1979 sul set del film The Dogs di Alain Jessua, nel 1981 si sono ritrovati protagonisti come protagonisti del capolavoro di François Truffaut La signora della porta accanto, una storia d’amore travolgente che si conclude con un tragico epilogo. Così, dopo aver dato vita a personaggi straordinari quali il cavalier Cyrano de Bergerac e il forzuto Obelix, Depardieu oggi si cimenta con Stalin. Ambientato nell’Unione sovietica del 1950, il film racconta la storia di un giovane artista che riceve l’incarico di creare un monumento in onore del dittatore di origine georgiana. Nei panni di Stalin un superbo Gerard Depardieu. Un film che corre quasi sul filo della psicanalisi: gli antichi demoni del dittatore più famoso della Russia riemergono attraverso la nebbia spettrale che galleggia sopra il lago del castello in cui si svolge la storia. Un gioco sottile quanto pericoloso e torbido, un mondo senza verità, dove tutti mentono e dove lo stesso Stalin mente a se stesso. La bravura di Depardieu sta proprio nel riuscire a catturare la combinazione di paranoia, cinismo e sadismo, che hanno segnato gli ultimi anni del tiranno, creando con la sua interpretazione un personaggio dalla presenza affascinante e imprevedibile.

E’ diventato grande amico di Putin                    

Come altre figure cupe del ventesimo secolo, Joseph Stalin esercita da sempre un fascino potente. E l’ultima a cadere sotto il suo incanto è proprio Fanny Ardant, una delle più bravi e apprezzate attrici francesi: «Avevo intenzione di raccontare una storia sul potere assoluto e volevo che il ruolo corrispondesse alla grandezza di Gérard», ha detto. Del resto si sa che Depardieu ha sempre avuto una grande propensione per gli avvenimenti sovietici. Nel 2011 ha vestito i panni di un altro personaggio di grande spessore della storia russa, Grigorj Efimovic Rasputin, autorevolissimo consigliere di Nicola II Romanov. Chi conosce la storia personale dell’attore sa che nel 2012 Depardieu per protestare, anche in maniera piuttosto plateale, contro l’alta tassazione imposta ai più ricchi da parte del governo socialista, ha voluto diventare cittadino russo, grazie anche alla diretta intercessione del presidente Vladimir Putin, rinunciando così alla sua cittadinanza francese.

E’ venuto in Italia a presentare la pellicola

Da allora, l’attore si è impegnato in una lunga serie di progetti legati alla Russia e all’ex Unione Sovietica, tra cui anche un annunciato film, ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, sui piloti francesi che volarono accanto a quelli dell’aviazione russa.

Evidentemente l’amicizia con Putin e la cittadinanza russa hanno ripagato l’attore, che del Presidente dice: «Il popolo russo gli è riconoscente perché con lui ha ritrovato una dignità che aveva perso». Amicizia che è stata più volte al centro dell’attenzione: mentre in Russia è stata fortemente apprezzata, in Ucraina è stata così tanto disapprovata al punto che nel Paese, in conflitto con il potente vicino a causa del territorio conteso della Crimea, i film dell’attore sono stati addirittura banditi.

Gégé, come lo chiamano i francesi, è in questi giorni in Italia per promuovere il suo ultimo film insieme all’amica e regista Ardant. «In Italia, per fortuna, non avete perso la vostra cultura e identità», dice. «Da Monicelli a Scola, loro erano una bellissima storia del cinema». E mentre l’Italia si prepara a vederlo nei panni di Stalin perfido e tenebroso, lui commenta: «Qualche volta il cinema è noioso, io vivo di istinti».

Angela Failla

© Art. pubblicato su Visto n.19 – 11 maggio 2017, pp. 82-84

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