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La prova del miele di Salwa Al-Neimi

Un libro colto, intriso di citazioni mediorientali, di riferimenti a testi sacri e dove tutto diventa materia di una ricerca che fa del corpo il mezzo e il fine della ricerca stessa.
L’intimità di una donna araba, la narrazione della sua educazione all’erotismo. Le confessioni impertinenti e sensuali di una Shèhèrazade contemporanea.

Nessuno direbbe mai che il libro “La prova del miele” sia scritto da una musulmana. Ma una donna è sempre una donna, anche se musulmana.

Questo il sottotitolo al primo romanzo di Salwa Al-Neimi, che affronta in modo semplice e non banale il tema dell’eros. Ma più che sulla sensualità appare un pamphlet in chiave narrativa contro quella cultura della dissimulazione, ovvero la “taqiyya”, che ha portato ad occultare le tradizioni culturali di una grande civiltà araba.

Protagonista del libro è Chiara, una bibliotecaria siriana e controfigura narrativa dell’autrice, che vive a Parigi. Da sempre appassionata di libri erotici, – ormai messi al bando dalla cultura araba – «li leggevo e li rileggevo, assaporavo i loro scritti, traducevo la mia vita nelle loro parole e le proteggevo perche erano una lingua segreta», le viene commissionato dal direttore della sua biblioteca di scrivere un saggio sugli autori che nei primi secoli dell’Islam cantarono il sesso come «gloria di Dio». E inizia così il viaggio della protagonista attraverso luoghi come “l’hamman”, veri e propri universi femminili. Nel libro vengono citati diversi testi erotici e classici della letteratura araba come” Il Giardino Profumato”, libro arabo presumibilmente composto verso la metà del XVI secolo; numerose le citazioni di testi antichi, dove le «parole erano precise». Una particolarità del libro – non lo si può definire romanzo in quanto sono circa 100 pagine – è la totale assenza di figure maschili indicate solo attraverso nomi comuni e mai propri.

In modo sapiente l’autrice ribalta i luoghi comuni sulla relazione tra sesso e Islam, e mostra come nella tradizione araba il piacere sessuale non sia un peccato, bensì una “grazia di Dio”, un’anticipazione dei piaceri che attendono gli individui in paradiso. Il titolo “La prova del miele” fa riferimento ad una sentenza di Ibn ’Arabi, «La prova della dolcezza del miele è il miele stesso», in cui, non a caso, si sottolinea il primato dell’esperienza sull’estasi.

Perché leggerlo? Perché fa conoscere e assaporare il senso della libertà, dell’evoluzione e del piacere. E’ un libro colto, intriso di citazioni mediorientali, di riferimenti a testi sacri e dove tutto diventa materia di una ricerca che fa del corpo il mezzo e il fine della ricerca stessa.
L’intimità di una donna araba, la narrazione della sua educazione all’erotismo. Le confessioni impertinenti e sensuali di una Shèhèrazade contemporanea.