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Fabio Fulco, alla sua prima prova da regista, racconta “Il crimine non va in pensione”

«Mio padre era un grande lavoratore, e quando, per motivi di salute fu costretto ad andare in pensione prima del tempo, iniziò a spegnersi, sentirsi inutile. Per questo, attraverso il mio film ho cercato di far capire che le persone anziane vanno rispettate».

E’ questo il motivo per cui Fabio Fulco, noto al grande pubblico anche come compagno dell’ex miss Italia Cristina Chiabotto, si è dedicato anima e cuore a Il crimine non va in pensione, film che segna il suo esordio dietro la macchina da presa. Dal 15 Giugno nelle sale, la pellicola strizza l’occhio alla vecchia commedia italiana e racconta la storia di una banda di vecchietti che prova a rapinare una sala Bingo. Un cast d’eccezione con: Stefania Sandrelli, Ivano Marescotti, Gianfranco D’Angelo, Franco Nero, Maurizio Mattioli e, naturalmente, Fabio Fulco. Ballerino, attore e adesso anche regista, Fulco ha un’energia contagiosa che sembra inarrestabile e, in questo film mette tutto se stesso. «Lavoro a questo progetto da più tre anni e credo che questo film sia vicino alla mia visione del cinema e, soprattutto, del mondo».

Il crimine non va in pensione cita Tarantino e Totò ma al tempo stesso affronta una tema importante denunciando l’abbandono degli anziani e la ludopatia, la mania del gioco.

«Alcuni riferimenti sono voluti, citazioni di capolavori del passato che vedo da quando sono piccolo: i film di Totò, Mario Monicelli e Vittorio De sica. Poi ci sono delle “tarantiniate”, perché nel cast è entrato Franco Nero e ci piaceva fare qualcosa che facesse riferimento alla sua carriera di attore di film western e d’avventura».

La sua compagna Cristina Chiabotto ha visto il film?

«No, non l’ha visto, mi ha sempre detto che voleva vederlo in sala. Sono stato molto geloso di quest’opera, l’ho seguita in tutto: dal montaggio, al mixaggio, alla musica. Mi sono reso conto di essere una persona facilmente influenzabile e, considerato che ero alla mia prima esperienza da regista, già pieno di dubbi e perplessità, ho preferito prendere la situazione in mano e non condividerlo con nessuno».

Non ha mai pensato di dirigere Cristina?

«Anche se non mi considero ancora un regista, posso dirvi che mi piacerebbe tantissimo averla come attrice in un mio film perché, conoscendola, so come è fatta e anche quanto talento ha. Penso che diretta in una commedia sarebbe una favola. Avrebbe tantissime cose da dare».

Come ha fatto a farla innamorare?

«Piuttosto dovete chiedere a lei come ha fatto lei! E’ stata molto brava, e non lo dico perché voglio essere presuntuoso. Stavo passando un periodo difficile, avevo perso da poco mio padre e, per fortuna, il lavoro riusciva a distrarmi. Quindi non c’era, da parte mia, la voglia di una relazione. Anche quando ci siamo conosciuti, durante la trasmissione Ballando con le stelle, non è scoppiato il colpo di fulmine. Piano piano però ho capito di avere di fronte una persona incredibile, con una bellissima “testa”. Nonostante la sua età, (aveva 18 anni quando faceva Ballando con le stelle) e malgrado i 16 anni di differenza, riusciva a mettermi in difficoltà. Mi ha preso di testa. E’ stata quella la molla».

Vi immaginate genitori?

«Immagino tutti i giorni di diventare padre e non vedo l’ora di esserlo. Fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo e un po’ mi spaventa, ma so anche che è la cosa più bella che possa capitarmi».

Torniamo al suo film. Ha paura delle critiche?

«Qualcuno ha scritto che il film è farsesco, ma io mica volevo girare un giallo. Sono una banda di anziani che provano a rapinare un Bingo, già questo è indicativo. E posso dire, senza nessuna arroganza, di aver fatto, nella mia semplicità, un film che racconta una storia che avevo a cuore. Ricordiamo anche che il budget era molto ridotto. Le critiche ci stanno, per carità, purché tengano conto del fatto che mi interessava raccontare un problema sociale e sensibilizzare la gente su questo».

Un cast davvero straordinario per un’opera prima.

«Per il budget che avevamo a disposizione pensavo di prendere attori sconosciuti, anche vecchietti per strada. Invece mi sono ritrovato Maurizio Mattioli, che ha voluto recitare gratuitamente e persino Franco Nero, che mi ha aiutato a scrivere il copione almeno nella parte a lui assegnata. L’unico attore che ho chiesto espressamente è Ivano Marescotti perché per me era un sogno dirigerlo. Stefania Sandrelli, ti dico la verità, mi sono reso conto di averla nel cast solo quando l’ho vista con i miei occhi arrivare sul set».

Per questo film si è ispirato alla sua famiglia?

«Sì, certo. Mio padre era un uomo iperdinamico, un grande lavoratore, ma quando è stato costretto ad andare in pensione prima del tempo, ha iniziato a spegnersi, a sentirsi inutile. E’ stato davvero tremendo vederlo così. Questo mi ha aperto gli occhi su una realtà che non conoscevo: l’anziano percepito dalla gente come qualcosa che dà fastidio. Così, attraverso il mio film, ho tentato di far capire al pubblico che le persone anziane, in particolare quella generazione che ha vissuto il dopoguerra e costruito tutto ciò che noi oggi abbiamo, vanno rispettata assolutamente. Ho creato questa banda di scalmanati, che risiede in una casa per anziani, e ho dato loro un’opportunità di riscatto».

Ballerino, attore e adesso regista. Cosa le manca?

«Mi manca di creare la cosa più importante: una famiglia. Ed è proprio per questo che ci metto tanto tempo, perché voglio farlo bene. Su tutte le altre cose ci posso giocare, ma questa è una cosa seria e non voglio sbagliare».

Angela Failla

© Intervista pubblicata su Visto n.26 – 29 giugno 2017, pp.20/23

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